La stella corona di spine è una stella marina, è provvista di spine velenifere e spesso è responsabile di distruttive invasioni alla barriera corallina.
E’ quello che sta avvenendo nella Grande Barriera Corallina in Australia, la barriera di corallo più grande del mondo, composta da oltre 2900 barriere coralline singole e da 900 isole, si estende per 2300 km, su di una superficie di circa 344.400 km².
La Grande Barriera Corallina può essere vista dallo spazio ed è la più grande struttura fatta di un unico organismo vivente. La struttura è composta da miliardi di minuscoli organismi, la barriera ha anche una grande biodiversità, ed è stata inclusa come Patrimonio dell’Umanità nel 1981.
Nel 2014 la Grande Barriera corallina ha rischiato di essere inclusa nella lista nera dell’Unesco, in cui sono presenti i siti che sono a rischio sopravvivenza, infatti il problema delle stelle marine si affianca a fattori come l’aumento delle temperature globali, l’inquinamento da sversamento, la costruzione di porti lungo le coste, il dragaggio e l’aumento del trasporto marittimo che hanno porteranno alla distruzione di questo enorme patrimonio ambientale.
Per contrastare il degrado della Grande Barriera, Matthew Dunbabin e Feras Dayoub dell’ Università di Queensland hanno costruito un drone marino che servirà per contrastare le stelle marine che stanno divorando la barriera.
Questo drone marino, chiamato COTSbot, è capace di distruggere velocemente le stelle marine ed è equipaggiato di camere stereoscopiche che realizzano immagini per la percezione della profondità, sensori per il beccheggio e per il rollio per garantire un buon movimento del drone che dispone di un sensore GPS per la navigazione. Potete osservare il drone in azione in questo video.
Ma la parte più sofisticata del drone è il “COTS detection system”, cioè il rilevatore di stelle corine di spine, che allenandosi riesce a rilevare la presenza di queste stelle marine senza l’intervento umano.
Questo sofisticato software è stato sviluppato usando le immagini scattate dai sub che fino a questo momento stanno rimuovendo le stelle marine manualmente; queste immagini hanno permesso al drone di esercitarsi con il rilevamento delle stelle marine, permettendo al drone di imparare dalle esperienze passate.
“I sub stanno facendo un incredibile lavoro manuale di sradicamento di queste stelle marine dai siti target, ma non ci sono abbastanza sub per coprire tutti i punti caldi della Grande Barriera” ha spiegato Dunbabin.
Se il drone non è sicuro del target invia una foto ad un sub per la valutazione e la verifica dell’obiettivo. Una volta avvenuta la conferma il drone conserva l’immagine per i rilevamenti successivi. Quando il drone identifica il suo obiettivo, rilascia una dose letale di sali biliari nella stella marina attraverso un braccio in gomma. Il sistema è in grado di rilevare e uccidere fino a 200 stelle marine in una sessione di otto ore. Dopo il passaggio del drone i sub possono entrare in acqua per rimuovere eventuali residui stelle marine.
Dunbabin ha costruito questo sistema di rilevamento più di 10 anni fa, ma ha detto che all’epoca aveva accantonato il progetto perché non c’erano mezzi efficaci per uccidere la stella marina corona di spine direttamente sul posto. A quel tempo, per distruggere una stella marina i subacquei erano tenuti ad iniettare la sostanza fino a 20 volte, un processo che non sarebbe compatibile con il drone marino. Grazie ai ricercatori della James Cook University, Dunbabin è stato in grado di dotare il suo drone marino di un sistema che avrebbe ucciso la stella marina con una sola iniezione.
“Sono stato veramente contento di sentire l’annuncio di JCU lo scorso anno riguardo il metodo della singola iniezione, che per la prima volta si era rivelata altrettanto efficace” ha detto.
Il COTSbot ha recentemente completato una prova sul campo a Moreton Bay nel Queensland, in Australia, ed è diretto alla Grande Barriera Corallina dove inizierà la vera prova con le Stelle Corone di Spine. In questo primo momento un essere umano verificherà ogni rilevamento prima dell’iniezione, ma i ricercatori sperano di far lavorare il robot in modo autonomo a partire dal mese di dicembre.
Quando avevamo parlato per la prima volta di un drone marino in questo articolo eravamo certi che con queste potenzialità sarebbero potuti diventare un ottimo strumento per ricerche ambientali, e sembra proprio che questi nuovi robot avranno un futuro ricco di opportunità.