Hanno fatto il giro del mondo le immagini diffuse dall’Isis che mostrano la distruzione di antichissimi reperti archeologici appartenenti a civiltà millenarie come le tombe romane a Palmira, o le statue, bassorilievi, reperti delle antiche mura di Ninive risalenti a quasi 3 mila anni fa. Distrutte, spaccate, lanciate a terra o a martellate essendo ritenute bandite le iconografie nell’Islam.
La maggior parte dei siti distrutti apparteneva alla civiltà assira, circa 1800 anni a.C. colpevoli di non idolatrare allah sono stati fatti saltare con chili e chili di esplosivo. Prima di essere distrutti questi patrimoni dell’umanità vengono saccheggiati e i pezzi venduti in tutto il mondo al mercato nero, da cui l’Isis ricava circa un terzo dei suoi finanziamenti. Tutte le distruzioni sono state filmate e caricate in rete, e hanno scaturito rabbia in molte persone, alcune delle quali hanno deciso di rimboccarsi le maniche e salvare quante più opere possibili.
Le Università di Hadvard e Oxford con il contributo dell’Unesco hanno annunciato un piano coraggioso: riempire i cieli dell’Iraq di piccoli droni.
Il piano è costato 2,7 milioni di euro e consiste nell’utilizzare piccoli droni economici da 27 euro ciascuno e dotarli di telecamere 3D, per fotografare la maggiore quantita possibile di resti di valore storico.
L’ Institute for Digital Archaeology ha scritto una lettera al Times, che spiega come l’obiettivo primario sia di scattare almeno 5 milioni di foto ad altissima risoluzione di reperti storici a partire dalla Mesopotamia, anche se il piano sarà completato prima del 2017 arrivando a 20 milioni di immagini.
L’uso di stormi di droni creerà una registrazione digitale completa e fedele di tutte le opere a rischio distruzione, in modo da poterle ricotruire il più fedelmente possibile con le stampanti 3D.
Avevamo parlato di creazioni di immagini 3D per l’archeologia nell’articolo riguardante i droni marini, questi due progetti si somigliano molto: di uno stesso obiettivo si scatteranno immagini da diverse angolazioni, ad ogni immagine saranno aggiunte le coordinate GPS e tutte queste informazioni saranno raccolte in un database open-source online.
Oltre a digitalizzare questi antichissimi reperti archeologici questo servirà anche per combattere il traffico di opere d’arte:
“Se nei prossimi mesi qualcuno metterà in vendita sul mercato un oggetto sostenendo di averlo ottenuto in Siria nel 1930 sapremo che non sarà vero perchè sapremo quale era la sua esatta posizione nel 2015”, ha spiegato Roger Michel, direttore dell’istituto di Oxford.
Il database sarà pubblico, consultabile da tutti, curiosi, studiosi ma soprattutto dalle forze di polizia che in tutto il mondo combattono il traffico di reperti d’arte. L’archivio oltre che essere online sarà gestito dall’ “Institute for the Study of the Ancient World” della ‘New York University’.
Mentre questo progetto prende piede non possiamo fare altro che guardare questi video brutali girati al museo di Mosul, ex Ninive capitale del Regno Assiro circa 6.000 a.C. e la distruzione delle rovine di Hatra, antica città a 100 chilometri a Sud di Mosul fondata nel III secolo a.C. dalla dinastia dei Seleucidi.